Gondola di Venezia - Venezia
(Foto: Gondola con felze, Carlo Naya (1816-1882)
La gondola è la tipica imbarcazione di Venezia che - fino all'avvento delle barche a motore - era il mezzo più idoneo e comune per spostarsi tra i sinuosi canali del centro storico di Venezia.
Deriva il suo nome dal greco medievale κονδοῦρα, tipo di imbarcazione tipico dell'Alto Adriatico - simile al sandolo o alla mascareta che si può apprezzare in alcuni dipinti di Carpaccio e di Bellini - e in uso a Venezia almeno fin dall'Alto Medioevo.
Un tempo di dimensioni più ridotte, la forma della gondola andò mutando con il tempo diventando più snella e lunga, alzandosi sul posto di poppa, e distinguendosi per la decorazione che dava lustro alle casate patrizie della città. I nobili si rilassavano spesso
con i cosiddetti freschi, passeggiate serali in gondola per i canali della città, spesso accompagnati dalla musica.
Oggigiorno l'antica usanza è destinata ai turisti che - per una cifra non sempre modica - possono addentrarsi tra i canali del centro storico o in laguna per un romantico tour della città, anche accompagnati da musica e canti; muovendosi a remi così come un tempo faceva tutta la popolazione di Venezia e i patrizi, che in ogni casa tenevano ormeggiata una gondola e avevano un gondolier de casada.
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Caratteristiche tecniche della gondola di Venezia
La gondola odierna ha una struttura asimmetrica (detta a quarto di luna) - perché viene costruita con il lato sinistro più largo del destro di 24 cm - per favorire la propulsione a un solo rematore. Lo scafo è elegante e slanciato e presenta la prua e la poppa rialzate rispetto al centro dove si sviluppa lo spazio per i passeggeri e al di sotto, una carena a fondo piatto, ideale per la navigazione in fondali bassi come quelli delle barene e delle velme lagunari.
La gondola si fabbrica in legno; sono 295 i pezzi, che raccolgono 8 qualità di legno diverse, che vengono assemblati in uno squero dal maestro d'ascia nel tempo di circa 1 anno. Il remo si fa con legno di faggio mentre la forcola con legno di noce.
Lunghezza da 10,80 a 11 m
Larghezza da 1,40 a 1,60 m
Peso scafo 350 kg
Numero pezzi: 295
Materiali: scafo in legno, decorazioni oro e stucco.
Tipi di legno: olmo, noce, rovere, abete, larice, ciliegio, tiglio, mogano. L'olmo si usa per le costole della struttura.
Il noce essendo duttile si usa per le cornici; dopo essere stato bagnato si scalda con il fuoco e gli si dà la forma desiderata.
Il rovere essendo molto duro si usa per i fianchi che sono la parte più esposta ai colpi durante la navigazione.
L'abete si usa per il fondo poiché - essendo leggero - favorisce la idrodinamicità della gondola.
Il larice si utilizza perché è molto resistente all'acqua.
Il ciliegio si usa nei trasti perch� è un legno resistente alla pressione essendo molto duro. Il trasto � quel legno che unisce le due bande a prua dove si mette il piede per salire in barca.
Il tiglio si utilizza per costruire il succhetto, cioè il posto del poppiere che è quello più usato.
Infine il mogano dà alla struttura una certa omogeneità fissandosi gli altri legni.
Squeri, maestri d'ascia o squeraroli
Il luogo deputato alla costruzione della gondola è da sempre lo squero, un cantiere cittadino caratterizzato da affaccio su canale e discesa verso l'acqua per le imbarcazioni. Un tempo in città ce ne erano centinaia ma attualmente ne sono rimasti solo due in centro storico a Venezia: lo Squero Tramontin e lo Squero San Trovaso. Ci sono poi lo Squero Bonaldi ad Ognissanti, lo Squero Dei Rossi e lo Squero Crea alla Giudecca.
La gondola apparve nei documenti storici solo attorno al X secolo d.C. ma il suo nome dichiara un'origine più antica.
Κονδοῦρα in greco medievale si usava per definire un imbarcazione tipica dell'Alto Adriatico - simile al sandolo o alla mascareta che si può apprezzare in alcuni dipinti di Bellini - e in uso a Venezia almeno fin dall'Alto Medioevo.
Insomma la κονδοῦρα era simile all'attuale gondola ma più corta e bassa, e senza la tipica asimmetrica della gondola moderna. Il fondo era basso e piatto per poter navigare meglio nei canali bassi delle barene della laguna veneta.
E questo riporta a un documento molto più antico che testimonia delle capacità di navigazione dei venetiani, ossia di quelle popolazioni, che in seguito alle invasioni dei Visigoti (401) e soprattutto degli Unni di Attila (452), si separarono dagli Eneti dell'entroterra per iniziare a vivere su piccoli isolotti della laguna costruendovi palafitte. Qui si spostarono per secoli su piccole imbarcazioni di cui non si ha testimonianza ma che sicuramente furono - per questioni funzionali - molto simili all'antica κονδοῦρα.
Si tratta del documento scritto nel 537 d.C. da Flavius Magnus Aurelius Cassiodorus,
Prefetto Pretorio del Re Ostrogoto Vitige, ai Tribuni Marittimi Veneziani, in cui il Senator chiede l'intervento della flotta dei Veneziani per portare a Ravenna - capitale dell'Impero - dall'Istria la ricca produzione annuale di vino e olio.
"...ubi alternus aestus egrediens modo claudit, modo aperit faciem reciproca inundatione camporum. Hic vobis aquatilium avium more domus est."
"dove l'alterna marea che avanza ora chiude, ora apre l'aspetto dei campi con una inondazione che va e viene.
Qui c'è la vostra casa simile agli uccelli acquatici."
"Proinde naves, quas more animalium vestris parietibus illigatis, diligenti cura reficite"
"Quindi le navi, che al modo degli animali tenete legate alle pareti, rimettete a nuovo con cura diligentemente."
Da questa lettera si deduce che le popolazioni erano già organizzate per un'attività commerciale marittima attraverso il nolo e l'ingaggio di equipaggi regolati dai Tribuni Marittimi.
Cassiodoro riporta inoltre come i Veneziani fossero già dediti alla produzione e al commercio del sale, che all'epoca era ancora una moneta di scambio in tutto il Mediterraneo, e avessero edificato le loro case sugli isolotti della laguna tanto da apparire in mezzo all'acqua o in terraferma a secondo del moto della marea, e di tenere le barche legate come animali fuori casa.
Insomma le imbarcazioni lagunari a fondo piatto erano già in uso a partire dal VI secolo d.C. e Cassiodoro nella lettera parla di secoli anteriori in cui la laguna era già frequentata da popolazioni ormai dedite alla pesca. Ma delle epoche anteriori non si ha nessuna testimonianza né scritta né archeologica.
Da lì la gondola, o il suo antecedente, ha attraversato i secoli della Serenissima senza lasciare traccia fino alla sua apparizione in un documento del 1013 che cita Gondulam vero nullam nulli dare defuerit sine libera vestra voluntate ossia "Certamente nessuna gondola si mancherà di dare a qualcuno senza la vostra sincera volontà".
E poi si arrivò agli anni dei fasti della Serenissima che si mostrano nei dipinti dei grandi pittori come Vittore Carpaccio come Miracolo della Croce a Rialto (1496) o il Miracolo della Croce caduta nel canale di San Lorenzo di Gentile Bellini (1500), un tempo nella Scuola Grande di San Giovanni Evangelista e oggi alle Gallerie dell'Accademia. Da queste tele si può ben vedere la fisionomia delle imbarcazioni dei patrizi dell'epoca: meno slanciate e più corte e più basse, la forcola meno curva e più semplice, i ferri di prua e poppa come semplice aste metalliche. Ma era già presente il fèlze, ossia la copertura al centro che offriva intimità ai patrizi e riparo dalle intemperie che - soprattutto in inverno - accompagnavano ogni viaggio in gondola soprattutto la notte.
E quindi solo nel 1600 la gondola prese la fisionomia attuale, allungandosi e creando a poppa lo spazio rialzato più vantaggioso per la remata del gondoliere. La prua si alzò anch'essa acquisendo l'apparato ornamentale che conosciamo oggi, che si distribuì anche lungo tutto lo scafo creando un'imbarcazione sia esternamente e sia internamente che divenne un messaggio dell'opulenza della casa patrizia che la possedeva. A decorare le gondole patrizie furono chiamati i migliori artisti della città e solo un editto del Senato della Repubblica (8 ottobre 1562) fermò questa gara di esibizione della ricchezza stabilendo dei canoni più sobri per l'arredo delle gondole; un editto in realtà poco ascoltato se dovè essere replicato nel 1584 e definitivamente sancito solo con la fine della peste del 1630, che sancì l'uniformità del colore della gondola moderna, che doveva essere nero senza eccezioni, per moderare il fenomeno di ostentazione che si era creato e nel rispetto di un lutto cittadino che aveva già contato 140.000 morti, ossia una terzo della popolazione.
Curiosamente anche i gondolieri si riunivano in
corporazione ed avevano uno statuto o mariègola, esattamente come succedeva per le Scuole di Arti e Mestieri e le Scuole Grandi di Venezia.
La gondola così come la si vede oggi - con i ferri di poppa e di prua elaborati, e con il posto del poppiere sopraelevato - già compare nei dipinti del Settecento di Canaletto come Il Canal Grande dal ponte di Rialto verso ca' Foscari (1728) o Il Canal Grande guardando verso nord-est da Palazzo Balbi (1724).
L'attuale aspetto della gondola
venne definitivamente assunto verso l'Ottocento; ma rimarrà spazio per molte innovazioni nella costruzione dell'imbarcazioni, che spesso furono introdotte dallo Squero Tramontin & Figli negli ultimi 130 anni.
Dopo molti anni di
tariffe ufficiose e prezzi che hanno creato una reputazione poco attraente ai gondolieri sono finalmente comparsi da qualche anno dei cartelli con le tariffe ufficiali:
- Tariffa giro di giorno: 80 € per 30 minuti; € 40 per ogni 20 minuti in più.
- Tariffa giro di sera: € 100 per 30 minuti; € 50 € per ogni 20 minuti in più.
- Prezzo supplemento musicale: dipende dal numero di musicisti e cantanti. Di solito
per € 50 € si può ingaggiare un cantante.
Ogni gondola può ospitare un massimo di 6 persone.
Stazi delle gondole a Venezia
Per prenotare o direttamente partire - secondo la disponibilità di imbarcazioni - per
un giro in gondola, si può andare negli stazi principali della città:
Stazio di San Tomà: a San Tomà nel Sestiere di San Polo, lungo il Canal Grande, a fianco della fermata omonima del vaporetto linea 1 e 2.
Stazio dell'Accademia: di fronte alle Gallerie e al Ponte dell'Accademia, lungo il Canal Grande, a fianco della fermata omonima del vaporetto linea 1 e 2.
Stazio di Santa Maria del Giglio: a 200 m da Piazza San Marco di fronte alla Chiesa di San Moisè.
Stazio di Bacino Orseolo a San Marco: da Piazza San Marco con spalle alla Basilica, svoltare a destra a alla fine della piazza in Calle Salvadago.
Stazio di Bacino San Marco Danieli: di fronte al famoso Hotel Danieli. Fermata San Zaccaria del vaporetto linea 1 e 2.
Stazione Dogana Ca' Vallaresso: a San Marco, di fronte a Punta della Dogana e a fianco dei Giardini. Fermata omonima del vaporetto linea 1.
Poi ci sono, sparsi per Venezia, piccoli ormeggi per una o due gondole al massimo come quello di fronte alla Basilica dei Frari.
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