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Isola di San Giacomo Paludo, Laguna di Venezia

L'isola di San Giacomo Paludo nella Laguna di Venezia: le origini, la storia, le informazioni per arrivare da Venezia e gli altri centri della laguna.

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San Giacomo in Paludo isolaSan Giacomo in Paludo - Laguna di Venezia

L'isola di San Giacomo im Paludo si trova nella laguna a nord di Venezia tra i centri di Burano e Murano e non distante dall'isola di Madonna del Monte.

Salpa verso le altre isole della Laguna di Venezia

L'Isola di San Giacomo in Paludo è stata oggetto d'indagine archeologica con 5 campagne di scavo condotte dal 2002 al 2005, grazie a una convenzione tra la Soprintendenza per i Beni Archeologici del Veneto e l'Insegnamento di Archeologia Medievale del Dipartimento di Scienze dell'Antichità e del Vicino Oriente dell'Università Ca' Foscari di Venezia.

Storia di San Giacomo Paludo

L'isola divenne la sede, con il dogado di Pietro Polani (1130è 1148), di un ospedale dedicato a San Giacomo Maggiore Apostolo (1146) per pellegrini diretti in Terra Santa. La notizia è desunta dall'opera del Doge Andrea Dandolo (1343è 1354) Cronica per extensum descripta, in cui si riporta la scelta di un certo Orso Badoer, originario di San Lio a San Marco, di concedere a tale Giovanni Tron di Mazzorbo una palude di sua proprietà con la finalità di creare un ricovero per pellegrini. Tale lembo di terra è da sempre identificato con San Giacomo in Paludo.

Molto presto però l'ospizio fu sostituito da un monastero cistercense femminile che compare tra le donazioni del testamento del doge Pietro Ziani (1225è 1229) e poi nel 1238 quando si menziona la badessa Donata nel cartulario monastico (ASV, Fondo Santa Maria Graziosa dei Frari) come beneficiaria di un lascito volto a ingrandire la proprietà terriera di San Giacomo in Paludo. Con le badesse successive, anche grazie all'isolamento che forniva a San Giacomo tranquillità e riparo dalle lotte tra differenti monasteri della laguna, il centro religioso s'ingrandì d'importanza attraverso donazioni significative.

Nel secolo successivo poi un tale Pietro Baseio ebbe una relazione con una delle monache rispondente al nome di Eliseta Zalacessio la quale, dopo aver avuto un figlio dal Baseio, fu sottratta al cenobio da Pietro con l'aiuto di 3 complici e portata a Venezia. Il processo stabilì in 2 anni di carcere la pena per il Baseio.

La storia si ripeté, identica, nel 1419 quando lo scandalo di una relazione e la nascita di un figlio riguardò addirittura la badessa Caterina Bedolato. La continua reiterazione degli scandali finì col minare la reputazione del convento che nel 1424 era abitato solo da tre monache e dalla badessa Orsa Contarini.

Dopo due secoli di attività il cenobio, ormai deserto, fu accorpato al Monastero di S. Margherita di Torcello (1441) e San Giacomo fu affidata a Francesco da Rimini, un frate minore francescano e professore di teologia, il quale s'assunse l'onere delle ristrutturazioni. Francesco in un primo momento realizzò le riforme concordate, firmando un contratto con un lapicida di Pola per la produzione della colonne della chiesa e del chiostro di San Giacomo ma poi, dopo aver recuperato ingenti elemosime fra i fedeli, se ne tornò a Bologna senza terminare i lavori promessi (1469) e asportando tutti i beni contenuti nella chiesa.

San Giacomo fu così affidata al Convento francescano di Santa Maria dei Frari di Venezia e divenne così Priorato dei Frati Minori (1469); ma si dové attendere fino al 1518 per vedere una comunità di religiosi tornare a San Giacomo con a capo il frate genovese Alberto de Alba. E nel 1543 fu il Papa in persona a decidere di affidare in custodia perpetua San Giacomo al frate minore Stefano da Civita Castellana, diritto poi reso annuale nel 1557 su richiesta della Chiesa di Santa Maria dei Frari. Con i successivi flagelli della peste del 1575 e del 1630 San Giacomo forse divenne un deposito di merci e vestiti infetti come il Lazzaretto Nuovo. Il morbo stesso decimò la comunità di religiosi tanto che nel 1683 l'isola versava in stato critico e fu chiamato il marangon (falegname) Beneto Folchion e il muratore Angelo Mazon per il restauro dei tetti della foresteria, del dormitorio e del chiostro.

Durante il Settecento l'isola vide aumentare la presenza di ortolani che ricevevano in concessione le terre per la produzione di erbe e frutti. In concomitanza con l'aumento di questi contratti diminuiva invece la presenza dei religiosi e, già nel 1766, le ristrutturazioni eseguite alla fine del Seicento erano già compromesse.

Con la soppressione degli ordini monastici da parte dei Francesi, compreso il Convento di Santa Maria Gloriosa dei Frari, anche il Monastero di San Giacomo in Paludo fu chiuso nell'Ottocento e l'isola si convertì, con la dominazione austriaca di Venezia, in una postazione militare dotata di batterie di cannoni e terrapieni (1828) di proprietà del Demanio.
Durante i moti rivoluzionari del 1848 San Giacomo fu utilizzato come forte difensivo della neonata Repubblica di San Marco contro il ritorno degli Austriaci che si concretizzò infine il 22 agosto 1849.

L'attività militare proseguì poi con l'esercito italiano durante tutto il XX secolo durante il quale furono costruite tre polveriere e i loro terrapieni di contenimento. A custodia dell'isola fu posto un militare e la sua famiglia.

Il 30 ottobre 1998 l'isola fu data in concessione all'associazione VAS che presentò progetti per il restauro conservativo dei beni presenti prevedendo anche la realizzazione di un impianto fognario e la realizzazione di un sistema elettrico con pannelli fotovoltaici.

Ma dopo 14 anni di investimenti e gestione oculata da parte di VAS l'Agenzia del Demanio decise la riconversione turistica di San Giacomo in Paludo nel giugno 2012; l'associazione restò fino al 2014 ma in seguito l'isola è stata concessa a un privato senza la possibilità di sfruttamento turistico.




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