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Mostra Double Take alla Galleria A plus A di Venezia

La Mostra Double Take in corso alla Galleria A plus A di Venezia: gli orari, i periodi, il costo dei biglietti e le opere, la sede espositiva.

Mostra Double Take Venezia
Double Take - Galleria AplusA - Calle Malipiero, San Marco 3073 - Venezia

(Foto: Anastasiya Parvanova, Guardians of the Silent Sands, 2023, olio acrilico su lino, 160 x 243 cm (dettaglio))

Mostra in corso dal 16 aprile al 15 luglio 2024

La galleria A plus A è lieta di annunciare la mostra Double Take; un invito a riguardare, a prestare maggiore attenzione ai contenuti che si celano dietro alle opere, a coglierne i significati più impliciti.

Comunicato stampa della mostra Double Take

Artisti: Paolo Cirio, Jesse Darling, Simon Denny, Kasia Fudakowski, Enej Gala, Monilola Olayemi Ilupeju, Eva & Franco Mattes, Ahmet Öğüt, Barbara Prenka. In concomitanza con la preview della 60. Biennale Internazionale d’Arte di Venezia, A plus A Gallery ha il piacere di annunciare l’apertura della mostra Double Take a cura degli studenti di School for Curatorial Studies Venice, che nel 2024 festeggia i vent’anni di attività.

Nello slang inglese, con il termine Double Take ci si riferisce all’azione di guardare una seconda volta ciò che a un primo sguardo era sfuggito, così da poter notare qualcosa di insolito, che altrimenti sarebbe passato inosservato. Double Take è un invito a riguardare, a prestare maggiore attenzione ai contenuti che si celano dietro alle opere, a coglierne i significati più impliciti. È un’indicazione a vedere oltre l’immediatezza del mero contenuto visivo, ad assumere una postura critica, a muoversi lungo i confini di una realtà sempre più iperconnessa e dematerializzata.

La soglia di attenzione media si è abbassata. Deep-scrolling, bombing pubblicitario e propaganda subliminale online stanno progressivamente modificando tempi e modalità di consumo dei contenuti, che vengono ingeriti senza assimilazione.
Nella cosiddetta epoca dell’iper-informazione, la sovraesposizione informativa sta generando un fenomeno di distrazione di massa.
È ciò che Shoshana Zuboff definisce come ‘capitalismo della sorveglianza’, riferendosi alla matrice di controllo della diffusione incontrollata di informazioni, nuova forma di capitale sfruttabile. Nel panottico digitale del nuovo millennio, fondato non tanto su limitazioni esplicite quanto sull’automonitoraggio dell’individuo in rete, si va intessendo una rete di controllo sempre più fitta, di cui anche l’arte subisce le ripercussioni: assoggettata all’imperativo del ‘politically correct’, la produzione artistica subisce una perdita di contenuti. Gli artisti si autocensurano o cercano nuove modalità e forme di espressione artistica. A partire da queste riflessioni, la galleria si converte in un ufficio di sorveglianza ipotetico, in cui le opere sfidano il limite di ciò che è consentito dire, muovendosi tra l’ambiguità e la doppiezza, nel tentativo di aggirare immaginari dispositivi di controllo. In mostra, opere che tramite codici e rimandi visivi riflettono sull’impossibilità di una comunicazione esplicita e rendono necessario un secondo sguardo per essere comprese, ossia richiamano a un double take. A integrazione delle opere, la mostra prevede anche una sala di ricerca, in cui viene esposta la documentazione storica di casi emblematici di censura che hanno interessato la storia della Biennale, fra cui le fotografie originali delle proteste del ‘68 di Graziano Arici.

Tramite un’operazione di contravvenzione immaginata, si intende così rivendicare l’ indipendenza del linguaggio visivo e indicare nell’arte una possibile forma di resistenza, una postura contraria al conformismo odierno.

Artisti

Paolo Cirio (1979, Torino)
Vive e lavora tra New York e Torino. Il suo lavoro promuove l’impegno pubblico, il pensiero critico e l’azione collettiva indagando le aree sociali influenzate dalla tecnologia, i media, l’economia e la politica. Attraverso un approccio critico ed etico, Cirio affronta tematiche che riguardano i diritti umani, la disuguaglianza economica, la giustizia sociale e la democrazia. I suoi interventi e opere basate sulla ricerca sono presentati come installazioni, conferenze, artefatti, foto, video e arte pubblica, sia offline che online. Recentemente ha esposto in mostre personali al FOAM Museum di Amsterdam (2024) e ai Sale Docks a Venezia (2023) e in mostre collettive al Wende Museum di Los Angeles (2024) e alla Warsaw Biennale (2022).

Jesse Darling (1981, Oxford)
Vive e lavora a Berlino. Lavora con scultura, installazione, video, disegno, testo, suono e performance. La sua pratica attinge all’esperienza personale così come alle narrazioni della storia e della controstoria, per indagare ciò che significa essere un corpo nel mondo, nelle sue implicazioni politiche e culturali. Essere un corpo significa essere intrinsecamente vulnerabile, e questo è il punto di partenza per una pratica in cui la fallibilità e la fungibilità sono riconosciute come qualità fondamentali negli esseri viventi, nelle società e nelle tecnologie. Ha ricevuto commissioni dal Moma di Varsavia, dalla Serpentine Gallery a Londra, da Volksbühne a Berlino. È stato vincitore del Turner Prize nel 2023.

Simon Denny (1982, Auckland)
Vive e lavora a Berlino, Germania. Realizza opere che raccontano storie sulla tecnologia utilizzando una varietà di media tra cui pittura, media basati sul web, installazione, scultura, stampa e video. Mostre personali recenti includono Petzel Gallery, New York (2024); Dunkunsthalle, New York (2024); Kunstverein Hannover, Hannover (2023); la Gus Fisher Gallery (Università di Auckland), Auckland (2022); Outernet, Londra (2022); Kunstverein di Amburgo, Amburgo (2021); K21– Kunstsammlung Nordrhein-Westfalen, Düsseldorf (2020); il Museo di arte vecchia e nuova, Tasmania (2019); MOCA, Cleveland (2018); OCAT, Shenzen (2017); Hammer Museum, Los Angeles (2017); WIELS Centro di Arte Contemporanea, Bruxelles (2016); Serpentine Galleries, Londra (2015); MoMA PS1, New York (2015); Portikus, Francoforte (2014) MUMOK, Vienna (2013); Kunstverein Monaco, Monaco di Baviera (2013). Denny ha rappresentato la Nuova Zelanda alla 56a Biennale di Venezia nel 2015. Ha co-fondato il programma di mentoring per artisti BPA//Berlin Program for Artists ed è professore di Time-Based Media presso la Hochschule für bildende Künste di Amburgo.

Kasia Fudakowski (1985, Londra)
Vive e lavora a Berlino. Nella sua pratica varia e giocosa che comprende scultura, film, performance e scrittura, indaga le relazioni tra artista, oggetto e osservatore attraverso logica surreale e satira. Il suo lavoro rivela le incongruenze della realtà, le disuguaglianze, gli stereotipi spingendo le logiche sociali oltre il limite dell’assurdo. Negli anni ha esposto in diverse sedi note quali Punta della Dogana della Collezione Pinault di Venezia (2020), al SALTS di Basilea (2018), al Ludwig Museum di Colonia (2017). Ha inoltre partecipato alla 15a Biennale di Istanbul (2017). Enej Gala (1990, Lubjana) Vive e lavora tra Londra, Venezia e Nova Gorica. La sua pratica si basa su un’acuta consapevolezza di pensare attraverso il fare. La marionetta viene utilizzata come lente per concentrarsi sui materiali come entità simboliche, espandendo il loro potenziale. Questo processo mette in discussione le prospettive tradizionali sull’arte, l’artigianato, l’installazione, la performance e le diverse forme di produzione. Tra le sue mostre personali più recenti, Enej ha esposto presso Almanac a Torino (2023), TJ Boulting a Londra (2023) e la galleria A plus A a Venezia (2022).

Monilola Olayemi Ilupeju (1996, USA)
É un’artista e autrice nigeriana-americana residente a Berlino. Attraverso la pittura, la scrittura, la performance e l’installazione, bilancia esperienze intime di connessione, violenza e guarigione con osservazioni più ampie sulla distorsione culturale e il concetto di identità. Ha svolto un ampio lavoro curatoriale ed editoriale con SAVVY Contemporary e Archive Books, tra gli altri. Earnestly (2022, Archive Books) è la sua prima raccolta di scritti. Tra le mostre personali più recenti ha esposto a Tart Vienna, Vienna (2023), A plus A Gallery, Venezia (2023), Galerie im Turm, Berlino (2020) e The Institute for Endotic Research (TIER), Berlino (2020). Prossimamente esporrà in una personale alla Galleria PSM di Berlino (Settembre 2024). Eva & Franco Mattes (1976, Brescia) Sono un duo di artisti italoamericani con sede a Milano e New York. Operando in forma anonima o pubblicando opere sotto vari pseudonimi - in particolare 0100101110101101.org - sono diventati figure centrali nella scena e con opere classiche come Life Sharing (2000) hanno contribuito a plasmare il medium. Attraverso video, installazioni e interventi online, il loro lavoro riflette e sviscera la nostra condizione di vita iperconnessa, esponendone spesso con umorismo nero le più profonde implicazioni etiche e politiche. Il loro lavoro è stato presentato in mostre internazionali tra cui KW, Berlin (2024); Modern Art Museum of Fort Worth (2023) e mostre personali presso Frankfurter Kunstverein (2023); Fotomuseum Winterthur, Zurigo (2021).

Ahmet Öğüt (1981, Diyarbakir)
Vive e lavora tra Amsterdam, Istanbul e Berlino. Si autodefinisce iniziatore socio-culturale e artista, che lavora con diversi mezzi di comunicazione, tra cui la fotografia, i video e le installazioni. Il suo modo di fare arte è caratterizzato spesso dall’uso di umorismo e piccoli gesti per fornire il suo punto di vista su questioni sociali e politiche serie o pressanti. Oltre alla sua carriera artistica, Öğüt lavora come docente di ricerca in diverse scuole. Nel 2012 fonda The Silent University, una piattaforma di scambio di conoscenze basata sulla solidarietà, che coinvolge sfollati e migranti forzati che non possono mettere a frutto le proprie competenze per ragioni legate al loro status. Tra le mostre personali più recenti, Öğüt ha esposto a State of Concept di Atene (2023), al MoCA Skopje in Macedonia del Nord (2022), al Kunstverein Dresden di Dresda (2018) e al Van Abbemuseum di Eindhhoven (2015). Inoltre, nel 2009 ha rappresentato la Turchia assieme a Banu Cennetoğlu alla 53a Biennale di Venezia.

Barbara Prenka (1990, Gjakova)
Vive e lavora a Berlino. Nella sua pratica artistica utilizza la pittura, il tessuto e il ricamo. La sua ricerca analizza una pittura composta da vari medium che diventa un reagente dell’ambiente vicino e lontano. Il confine che dà origine a nuove prospettive di generazione. Il suo lavoro si concentra sulla ricerca di questo confine, un cerchio di creazione-distruzione-ricreazione fine a se stesso. Recentemente ha esposto alla National Gallery of Kosovo (2024), alla A plus A Gallery di Venezia (2023), a Marina Bastianello Gallery di Venezia-Mestre (2022), alla Galerie Italienne di Parigi (2022) e a Galeria17 di Prishtina (2021).-distruzione-ricreazione fine a se stesso. Recentemente ha esposto alla National Gallery of Kosovo (2024), alla A plus A Gallery di Venezia (2023), a Marina Bastianello Gallery di Venezia-Mestre (2022), alla Galerie Italienne di Parigi (2022) e a Galeria17 di Prishtina (2021).

Graziano Arici è un fotografo italiano che, dopo gli studi in sociologia, si è specializzato nella fotografia teatrale, dei ritratti e della cultura. A partire dal 1980, ha iniziato a collaborare con il Teatro La Fenice di Venezia, documentando dettagliatamente la sua attività per oltre vent’anni. Ha fotografato varie attività artistiche e culturali a Venezia, incluso il lavoro di artisti come Emilio Vedova e Jim Dine, oltre a documentare le Biennali d’arte, spettacoli, concerti e mostre importanti. Arici è stato anche il fotografo personale di Luigi Nono per la prima mondiale del “Prometeo” a Venezia nel 1984 e ha lavorato come fotografo ufficiale per Palazzo Grassi nel 1985. Ha continuato a documentare eventi culturali e mostre significative, come la XVIII Biennale d’Arte. Nel 1994, ha documentato l’evoluzione delle grandi città dell’ex Germania Est e nel 1996 è stato il primo fotografo a immortalare l’incendio del Teatro La Fenice. Dal 2000 in poi, ha documentato le ricerche archeologiche condotte nella laguna e nella città di Venezia, oltre ai danni causati dall’iper-turismo. Arici ha collaborato con agenzie fotografiche come Grazia Neri di Milano e Sygma di Parigi fino alla loro chiusura. Nel 2009 ha fondato l’Agenzia Rosebud2, che contiene decine di migliaia di diapositive di Venezia, incluso un vasto archivio che documenta il degrado ambientale e i problemi di conservazione del patrimonio urbano. L’Archivio Graziano Arici è stato donato nel 2017 alla Fondazione Querini Stampalia per un utilizzo scientifico e culturale delle fotografie. Nel 2018, Graziano Arici è stato nominato Cavaliere dell’Ordine della Repubblica Italiana per i suoi meriti culturali.

Informazioni utili per la visita

Orari: da martedì a sabato dalle 15.00 alle 18.00 (la biglietteria chiude un'ora prima).
Biglietti: ingresso libero.
Informazioni: +39.041.2770466
Sito web: AplusA



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